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Fondo Parenti: le opere del bibliofilo

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Indice Prime edizioni Raccolte manzoniane Le opere del bibliofilo Lettere e fotografie

"Ho sempre concepito la mia opera di scrittore come un impegno verso la cultura" - scrisse Marino Parenti in una scheda autobiografica, specificando inoltre di non aver "mai incontrato alcuna difficoltà nel pubblicare i miei libri, che formano, oggi, una bella fila di una settantina di volumi". Del suo lavoro di appassionato bibliofilo, con un particolare interesse per il nostro Ottocento letterario, nonché di animatore di alcune stagioni culturali e trasmissioni radiofoniche, forniamo qui sotto alcune tracce reperite nei testi del Fondo acquisito dalla Bilbioteca storica.

La prima edizione boema dei Promessi Sposi

Ovvero Zasnaubenci, nella traduzione in sette volumi di Propkop Ondrák uscita a Praga nel 1842, stampata e venduta da Anna Spinkova (Karel Vetterle per il settimo volume) in Città Vecchia.
Parenti scrive un breve saggio su questa edizione per la Biblioteca del Messaggero della Libreria Italiana (1932). Segnala che l'opera ha una copertina viola e porta sulla facciata e sulla costola l'indicazione: "Biblioteca di letteratura amena" e ci informa sul traduttore e sul fatto che questa opera "se non la prima, è fra le primissime traduzioni dalla nostra lingua e, senza dubbio, la più importante di quel periodo".
Nato a Praga nel 1810, Ondrák studia filosofia e teologia e viene ordinato sacerdote nel 1834. Collaboratore di molte riviste, pubblica una raccolta di orazioni e traduce anche dal francese (Chateaubriand fra gli altri). Muore nel 1873. Uomo di vasta cultura, fu indotto probabilmente alla traduzione dei Promessi Sposi dall'intonazione religiosa del romanzo (così deduce il Parenti). Una prefazione sostituisce l'Introduzione manzoniana.
La traduzione ambiva anche a consolidare una lingua: il dizionario di boemo di Jungmann fu ultimato solo due anni prima del lavoro di Ondrák.

Dizionario dei luoghi di stampa falsi, inventati o supposti

Molto sovente per evitare che fosse rintracciabile la tipografia dove si stampavano libri rari, si utilizzavano nomi di città falsi o di pura fantasia. I luoghi falsi di stampa si riferiscono in genere a grandi città conosciute, o nazioni, addirittura continenti o sfruttano nomi di pura fantasia. La pratica era comune soprattutto nel periodo a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo, e compariva su libri anonimi, firmati con pseudonimi, e falsi erano anche i nomi degli stampatori.
Tutto ciò trovava ragione nelle restrizioni alla libertà di stampa e anche "nelle controversie religiose - e l'uso infatti nasce con la Riforma - quindi nella politica e nella letteratura licenziosa" (scrive il Parenti nella prefazione a questo suo dizionario edito da Sansoni nel 1951).
La prima parte è dedicata ai falsi luoghi in opere di autori o traduttori italiani, la seconda parte alle opere in cui appare il luogo generico "Italia", la terza infine ai falsi luoghi italiani all'estero.
Il curioso e dotto Dizionario fa pensare al Parenti autore della mai terminata bibliografia delle -eidi, ovvero delle pubblicazioni terminanti in -eide.

Rarità bibliografiche dell'Ottocento

Edita dall'Istituto Italiano di Arti Grafiche (Bergamo, 1941-44), quest'opera è fondata sui materiali della biblioteca del Parenti, e costituisce la summa delle sue competenze. Vi si scovano preziosità bibliografiche, si segnalano pubblicazioni, si forniscono notizie degli autori e degli stampatori. Rimase incompiuta, l'autore ne avrebbe voluto una continuazione ma ne uscirono solo cinque volumi.
Si esaminano in essa Lo studente di Padova, opera che valse la celebrità ad Arnaldo Fusinato (1817-1888), frequentatore del caffè Pedrocchi e autore della celebre ode A Venezia ("Il morbo infuria, il pan ci manca/ sul ponte sventola bandiera bianca"); l' Arrigo. Da Quarto al Volturno, poemetto di Giuseppe Cesare Abba (1838-1910), patriota, educatore e garibaldino; la celebre collezione Diamante (dal nome di uno dei più piccoli caratteri tipografici), stampata da Gaspero Barbera e composta da 128 libri minuscoli, quasi tutti di letteratura italiana, fra i quali una rarissima Divina Commedia del 1856; alcune opere di Cesare Cantù (1804-1895), fra cui gli Inni stampati a Milano nel 1836 da Stella, l'editore di Leopardi, e il romanzo in tre volumi Margherita Pusterla uscito nel 1838; la rarissima prima edizione (De Andreis, Milano 1866) del romanzo Paolina di Iginio Ugo Tarchetti, autore della Fosca; la prima edizione del Pinocchio collodiano, edita d Paggi a Firenze nel 1883 con le celebri illustrazioni del Mazzanti; infine le prime edizioni manzoniane, fra cui spiccano il carme In morte di Carlo Imbonati (Parigi 1806), gli Inni Sacri (Milano 1815), il Conte di Carmagnola (Milano 1820), l'Adelchi (Milano 1822), la ventisettana dei Promessi Sposi e la quarantana con l'inserimento della Storia della Colonna Infame.

Ancora l'Ottocento

In Ottocento questo sconosciuto (Sansoni, Firenze 1954) i documenti diventano frammenti di vita, come lascia intuire il sottotiltolo Inediti e aneddoti. Parenti ricostruisce una mappa del nostro Ottocento dal Manzoni al De Amicis al D'Azeglio (che di Manzoni fu genero) al Belli, ricostruendone i rapporti e presentando documenti poco conosciuti, rari o inediti. Ancora Ottocento sconosciuto o quasi (Sansoni, Firenze 1961), in cui si tratta del Manzoni, del Carducci editore, di De Amicis e degli Scapigliati e d'altri ancora, costituisce con il precedente e con Penna rossa inchiostro verde (Sansoni, Firenze 1956) una trilogia che completa l'accurata indagine del Parenti sull'Ottocento italiano.

Bibliografia dannunziana essenziale

Inizia con questa opera la collaborazione del Parenti con la casa editrice Sansoni che gliela affidò in occasione della morte del poeta pescarese. L'edizione riveduta e corretta è del 1940 e dà conto, muovendo da indagini bibliografiche iniziate già nel 1904 dal Croce, sia delle opere del poeta che degli scritti intorno alla sua vita e alla sua produzione letteraria.

Bagutta

Presso la colonna di San Babila, a Milano, "dove Renzo trovò il pane nei giorni di carestia", come ricorda Orio Vergani, e precisamente in via Bagutta, si trovava una trattoria toscana condotta da Alberto Pepori. Scoperta dallo scrittore Riccardo Bacchelli, divenne nella primavera del 1926 il ritrovo di un cenacolo di letterati e intellettuali che gravitavano intorno alla rivista La Fiera Letteraria. La frequentavano Bontempelli, Bragaglia, Repaci, Longanesi, e vari suonatori girovaghi milanesi... Vi fu fondato l'omonimo premio, vinto nel corso degli anni dai più bei nomi della letteratura italiana, fra cui Gadda, Cardarelli, Brancati, Montanelli, Calvino, Landolfi, Primo Levi, Chiara, Rigoni Stern, Bassani, Scaiscia, Magris, Bocca, Arbasino. Ce ne parla Marino Parenti, che fu membro del gruppo con la scherzosa carica di Gran Conservatore e Cerimoniere, in un libriccino che ne evoca gli esordi, edito da Ceschina a Milano nel 1928.

Ai microfoni della Radio

Nel 1945 a Firenze era nata, per iniziativa di Adriano Seroni, la rubrica radiofonica settimanale L'Approdo, della durata di circa mezz'ora, in cui si commentavano libri, si leggevano poesie, si trattavano argomenti culturali: ne nacque anche una rivista stampata a Torino, L'Approdo Letterario, e, dal 1963 al 1972, l'omonima trasmissione televisiva. A partire dal 1950, all'interno del programma radiofonico, una rubrica intitolata L'Approdo dei bibliofili fu affidata a Marino Parenti, che già dal 1928 aveva iniziato una collaborazione con il mezzo radiofonico ocupandosi della diffusione della cultura italiana all'estero. In Trent'anni di microfono, uscito a Milano da Ceschina nel 1963, Parenti ci lascia di questa trentennale collaborazione un articolato ricordo.