Antiche usanze, festose sfilate, danze corali e costumi sgargianti: benvenuto Carnevale!
Dopo tre anni in cui le sfilate e i grandi eventi sono stati annullati a causa della pandemia, quest'anno tornano sul territorio importanti carnevali, come, ad esempio quello storico di Chivasso.
Di questo grande evento che ha come protagonisti la Bela Tolera e l'Abbà si occupa la nuova puntata delle "Storie metropolitane" che la Direzione Comunicazione della Città metropolitana di Torino racconta attraverso video pubblicati sul canale Youtube dell'Ente.
La nuova puntata si può vedere al link https://youtu.be/bPq-Huyw3Rs
Martedì grasso, è stata incontrata a Palazzo Cisterna, sede aulica di Città metropolitana di Torino, dalla consigliera metropolitana Sonia Cambursano e dall'assessora comunale della Città di Torino Gianna Pentenero, tutta la corte 2023 dello storico carnevale di Chivasso.
La Bela Tolera, Arianna Greco e l'Abbà , Franco D'Aguanno, accompagnati dal Presidente della Pro Loco Chivasso L'Agricola, Davide Chiolerio e dall'amministrazione comunale chivassese hanno portato all'attenzione la grande valenza culturale dello Storico Carnevalone che animerà le vie del centro storico domenica 26 febbraio.
Il Carnevale a Chivasso vanta origini antiche: nel Quattrocento un gruppo di buontemponi eleggeva, a capo della propria "Società degli Stolti", l'Abbà che provvedeva ad istituire tasse e balzelli curiosi. Argomentazioni religiose indussero gli affiliati a cambiare costume e a assumere come patrono San Sebastiano: l'Abbà divenne allora titolare di privilegi nei giorni di Carnevale e fino al 1878 mantenne queste prerogative per poi scomparire come figura.
Il 1905 vede la nascita del Personaggio femminile del Carnevale, la Bela Tolera, fanciulla in grado di incarnare le caratteristiche della Città di allora, centro mercatale di rilevante importanza. L'appellativo traeva le proprie origini da una leggenda legata al campanile, nei tempi antichi rivestito di latta, o forse dallo spirito, fortemente commerciale, dei chivassesi d'inizio secolo. La riscoperta delle tradizioni si deve al "Circolo di Agricoltura, Industria e Commercio"
comunemente detto, in forma abbreviata "L'Agricola", fondato nel 1862, sodalizio importante per i chivassesi che, fin dalle sue origini, legherà indissolubilmente il proprio nome al Carnevale.
Ancora oggi la Pro Loco L'Agricola, insieme all'amministrazione comunale, è la macchina organizzatrice di questo grande evento.
La consueta sfilata di gruppi mascherati di Borghi e Frazioni di Chivasso, carri allegorici e maschere ospiti animeranno le vie del centro domenica 26 febbraio coinvolgendo chivassessi e non in una festa che è un modo, come ricorda bene il sindaco di Chivasso, Claudio Castello, per far rivivere un glorioso passato e per rigenerare le potenzialità che portano Chivasso ad accettare e vincere le sfide del domani.
Il fiuto di Myrtille per prevenire l'avvelenamento dei cani
"Oggi è morta Sole, una cagnetta dolce e tenera che non faceva male a nessuno, uccisa da un veleno buttato nel parco": inizia così il messaggio appeso all'ingresso del Giardino dei Giusti a Nichelino, dove pochi giorni fa una padrona ha pianto la sua fedele amica. L'allarme per le esche avvelenate sparse nel parco di 15 mila metri quadrati in via Del Pascolo è uno dei tanti diffusi negli ultimi mesi. Del doloroso tema delle esche avvelenate si occupa la nuova puntata delle "Storie metropolitane" che la Direzione Comunicazione della Città metropolitana di Torino racconta con i reportage televisivi che vengono pubblicati nel canale Youtube dell'Ente. Il reportage lo si può vedere all'indirizzo https://youtu.be/sLCxmnr84N8.
A Nichelino è stata trovata una polverina bianca su alcune foglie sistemate sotto i cespugli, vicino alle panchine e lungo il vialetto principale del parco. Nella mattinata di lunedì 6 febbraio ad ispezionare il Giardino dei Giusti è intervenuta l'unità cinofila antiveleno della Polizia locale della Città metropolitana di Torino, di cui fanno parte l'istruttore direttivo di vigilanza e vice commissario Carlo Geymonat e il cane pastore australiano Myrtille, di cui Geymonat è conduttore. "Il pericolo per i nostri amici a quattro zampe è costante. - spiega Geymonat – Occorre fare molta attenzione quando si portano fuori i cani, anche perché con le nostre ispezioni svolgiamo una funzione di prevenzione e deterrenza, per far capire chi si macchia di questo odioso reato che non sempre può farla franca. Ma noi non possiamo essere ovunque e interveniamo sovente su segnalazione di episodi come quello avvenuto a Nichelino". L'importante è quindi che i padroni dei cani rispettino le regole di comportamento, raccogliendo le deiezioni dei loro amici a quattro zampe, ma soprattutto che non li lascino liberi nei parchi e che controllino il loro comportamento, per evitare che durante le passeggiate al guinzaglio possano trovare e ingoiare cibo non sicuro.
Ma cosa si può fare in caso di emergenza? "Chi trova bocconi avvelenati deve segnalarlo alle forze dell'ordine o agli uffici sanitari competenti: Vigili Urbani, Carabinieri Forestali, Polizia Metropolitana, Asl, ecc. - spiega Carlo Geymonat – I soggetti competenti sul territorio lavorano in sinergia e, chiamando il numero di emergenza 112, si consente alla rete di attivarsi per interventi di emergenza per la bonifica dei luoghi in cui sono stati segnalati bocconi avvelenati". La mattina del 6 febbraio durante il sopralluogo della Polizia Metropolitana nel Giardino dei Giusti, che fortunatamente non ha portato al rinvenimento di bocconi avvelenati, era presente Valentina Cera, Consigliera metropolitana delegata alle politiche giovanili, sociali e di parità , oltre che Consigliera comunale della Città di Nichelino. "Questo servizio è emblematico del ruolo della Città metropolitana di Torino a sostegno dei territori. - sottolinea la Consigliera Cera – per i cittadini è importantissimo il servizio svolto da Myrtille e dal suo conduttore. I controlli che vengono effettuati hanno una funzione di deterrenza, per contrastare un reato orribile come l'avvelenamento degli animali".
Le esche avvelenate nelle aree montane vengono usate pensando di difendere il bestiame da orsi e lupi, per liberarsi della concorrenza di volpi e rapaci nella caccia di lepri e fagiani o addirittura, nelle aree urbane, per eliminare gli animali dei vicini. Ma il veleno non sceglie le sue vittime e le esche possono contaminare corsi d'acqua e terreni provocando danni incalcolabili agli ecosistemi anche nel tempo. Le unità cinofile antiveleno sono formate dalla coppia cane-conduttore che, attraverso un intenso percorso di formazione, sviluppa una fortissima intesa e reciproca comprensione. Sono costituite da militari dell'Arma dei Carabinieri, da guardiaparco e altro personale degli Enti Parco, da agenti delle Polizie provinciali, del Nucleo regionale di vigilanza faunistica della Regione Liguria, della Polizia locale della Città metropolitana di Torino. I cani antiveleno specializzati nell'individuare quantità anche minime di sostanze tossiche sparse sul terreno. L'attività delle unità cinofile è inquadrata nel progetto europeo LIFE WolfAlps EU "Azioni coordinate per migliorare la coesistenza fra lupo e attività umane a livello di popolazione alpina".
(08 febbraio 2023)
Valore alla lana sulle Alpi GRAIE
Ricreare una filiera della lana locale e valorizzare la funzione sociale del pastore, custode delle Terre Alte: è l'obiettivo di un progetto dell'Unione Montane Alpi Graie, che è partito da una semplice constatazione: la lana delle pecore delle Valli di Lanzo e di molti altri territori è diventata da troppo tempo un prodotto senza sbocchi sul mercato, addirittura un rifiuto da smaltire.
La materia prima tessile naturale e sana per eccellenza, che per secoli ha vestito e protetto generazioni di europei, è ormai considerata un'eccedenza, uno scarto senza valore. L'unione Montana Alpi Graie si propone di ricostruire una filiera economicamente sostenibile, individuando strade commerciali alternative, da percorrere insieme a tutti i soggetti interessati: dagli allevatori agli artigiani, dai commercianti ai consumatori più attenti alla qualità dei materiali e dei tessuti; senza dimenticare la ricerca universitaria che può supportare scientificamente la rinascita della filiera.
È stato redatto un progetto triennale, che ha avuto riscontri positivi dagli allevatori, dai commercianti e dai consumatori. La lana di migliore qualità può essere filata, mentre quella di qualità inferiore può essere comunque utilizzata per imbottiture. È un prodotto sostenibile, considerando le modalità di gestione del bestiame e il contributo delle pecore per la manutenzione dei prati montani. Se la montagna viene abbandonata perdiamo i prati, a favore di boschi selvatici, mentre il gregge ovino tiene puliti i prati e li fertilizza.
Nelle Unione Montane Alpi Graie e Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone ci sono circa 35 aziende zootecniche che credono nella possibilità di valorizzare la lana delle circa 4.000 pecore allevate sul territorio.
Nelle Valli di Lanzo nessuno si illude che la lana abbia immediati sbocchi di mercato. Inoltre il numero di aziende zootecniche locali è diminuito negli ultimi anni. Per questo il progetto è stato calibrato per un numero di capi inferiore a 4.000. Le pecore si trovano perlopiù in aziende che praticano l'allevamento dei bovini e dei caprini, ma, tenendo conto che ogni pecora produce ogni anno da 2,5 a 3 chilogrammi di lana, il tema dello smaltimento e dell'auspicabile valorizzazione si pone.
La scommessa sulla lana delle Valli di Lanzo è appena partita e non sarà semplice vincerla, ma l'entusiasmo degli operatori economici e degli amministratori locali non manca.
(26 gennaio 2023)
A Bruzolo il mistero del monumento nascosto
Il secolare monumento dedicato a Ermelino Matarazzo che si trova a Bruzolo, in località Posta, sul ciglio della strada statale 25, un po' nascosto dalla vegetazione e oggi non in perfette condizioni, sarà presto ripulito, restaurato, dotato di un degno impianto di illuminazione e restituito all'onor del mondo grazie all'iniziativa dell'associazione Vivant, presieduta da Fabrizio Antonielli d'Oulx, in cordata con il Comune di Bruzolo, la rivista Segusium-Arte e storia della Valle di Susa, il Rotary Club Susa-Valle Susa e con il patrocinio della Città metropolitana di Torino: una raccolta fondi che si è avvalsa del contributo di alcune aziende locali e di offerte da parte di componenti della famiglia Matarazzo, residenti sia in Italia che in Brasile, e di abitanti di Bruzolo.
Ma chi era Ermelino Matarazzo e perché in quel di Bruzolo, oltre al monumento, sono dedicati alla sua memoria la strada principale e la locale scuola materna?
Figlio terzogenito di Francesco – il grande capitano di industria che, partito nel 1880 dalla provincia di Salerno alla volta del Brasile per cercare fortuna nel commercio, in pochi decenni divenne il più importante imprenditore del continente sudamericano costruendo un impero formato da centinaia di fabbriche, in cui lavoravano quasi 30mila dipendenti – Ermelino, che il padre aveva prescelto quale suo successore a capo delle industrie di famiglia, divenne a trentasette anni, suo malgrado, una sorta di nume tutelare del paese valsusino. Accadde che il 25 gennaio 1920, trovandosi in Italia, egli transitasse da Bruzolo percorrendo in automobile, insieme al fratello Giuseppe e ad alcuni amici, la strada che doveva portarlo a Susa, da dove poi la comitiva sarebbe partita per una gita con le slitte verso il Moncenisio. E proprio lì, in località Posta, Ermelino trovò la morte: la sua meravigliosa Packard, 12 cilindri in linea, cambio manuale a quattro velocità , 75 cavalli, omologata per 7 passeggeri, uscì di strada e si rovesciò nel fossato.
Francesco Matarazzo volle allora celebrare la memoria del suo figlio prediletto facendo costruire in paese l'asilo infantile ed erigendo un monumento sul luogo della tragedia: alto circa 6 metri, con la figura di una donna piangente, già razionalista ma con sentori ancora liberty, disegnato da Giuseppe De Negri e realizzato dallo studio Vandone di Cortemiglia.
Secondo il cronoprogramma, i lavori di restauro si concluderanno entro febbraio.
(11 gennaio 2023)
Torino Heritage a Sant'Ambrogio in ValSusa, dove la passione per l'auto incontra la storia
Un luogo in cui condividere la passione per le auto d'epoca, perché, oltre all'aspetto tecnologico e grazie al design, l'automobile è anche e soprattutto una forma di arte applicata ed è indissolubilmente legata alla cultura del XX secolo.
A Sant'Ambrogio, ai piedi della Sacra di San Michele, in quella che un tempo era la fabbrica in cui nascevano le motociclette Itom, l'associazione Torino Heritage ha realizzato una club house, un'autorimessa in cui i soci collezionisti possono custodire le loro vetture e un'officina dedicata a far tornare le veterane all'antico splendore e alla piena efficienza.
Per la prima puntata di una nuova rubrica, che abbiamo deciso di intitolare "Storie metropolitane", siamo andati a conoscere i promotori di quella che è diventata una vera e propria "Casa dell'auto d'epoca", a pochi chilometri dalla capitale italiana dell'auto e ai piedi di strade di montagna che hanno fatto la storia dell'automobilismo, prima fra tutte la Statale 25 del Moncenisio, dove le rombanti quattroruote iniziarono a correre nel lontano 1902.
Quando gli appassionati si ritrovano a Sant'Ambrogio possono contare anche sulla degustazione e sulla ristorazione offerte dall'adiacente Birrificio San Michele, anch'esso installato in quello che è un vero e proprio tesoro di archeologia industriale.
Torino Heritage è nata per sensibilizzare un pubblico locale ed internazionale sulla storia e sul patrimonio industriale di Torino e dell'intero territorio metropolitano.
A Sant'Ambrogio i proprietari trovano un deposito per le auto e un'officina specializzata, ma anche percorsi suggestivi per le auto storiche, come i colli del Moncenisio e del Lys. Si possono incontrare tutte le generazioni di appassionati, dai ragazzi agli anziani che hanno avuto una storia professionale nell'industria dell'auto e desiderano trasmettere le loro conoscenze ed esperienze. Perché la documentazione in consultazione, le riviste specializzate e gli oggetti legati alla storia dell'automobile consentono di approfondire l'evoluzione della produzione, della meccanica e dello stile delle carrozzerie.
I proprietari di vetture storiche possono depositarle in questo spazio, che non è un museo, con la possibilità di ritirarle in qualsiasi giorno e in qualsiasi momento della giornata, con un accesso dedicato e sicuro, perché la struttura è ovviamente protetta da un sistema di allarme antifurto e telecamere.
Le circa 40 vetture attualmente depositate sono tutte funzionanti e nell'officina annessa i proprietari possono far effettuare interventi di manutenzione. La nostra idea è stata quella di far rivivere un vecchio opificio, che fu originariamente un cotonificio e successivamente una fabbrica di motociclette, creando un polo culturale e un centro in cui si possono trovare le adeguate competenze meccaniche per gestire una vettura storica.
Questa storia metropolitana continua, perché l'ambizione dei promotori di Torino Heritage è di recuperare nuovi spazi dell'antico opificio di Sant'Ambrogio per ospitare altre veterane con i loro proprietari e altri oggetti che ripercorrono l'evoluzione della mobilità privata negli ultimi 120 anni.
(22 febbraio 2023)