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A Palazzo Cisterna sabato 17 settembre una mostra e una conferenza dedicate a Lino Beltramo, dagli anni ’20 agli anni ‘50 “mago” torinese delle biciclette da corsa

Biciclette che sono vere e proprie opere d’arte, realizzate con soluzioni tecniche all’avanguardia per l’epoca e divenute nel tempo preziosi oggetti da collezione: si intitolano “Azzurro Beltramo” la mostra e l’evento commemorativo che si terranno sabato 17 settembre a Palazzo Cisterna. In quella giornata il palazzo sarà aperto al pubblico in occasione di una delle visite guidate che, una volta a mese, animano la sede della Città Metropolitana di Torino.

L’invito agli appassionati delle due ruote per ricordare la figura di Lino Beltramo viene da Marilena Beltramo, figlia dello storico costruttore torinese di biciclette, la quale ha promosso l’evento in collaborazione con l’Associazione Velocipedistica Piemontese e la Città Metropolitana di Torino. Alle 11, all’inaugurazione della mostra e alla successiva conferenza su Lino Beltramo saranno presenti alcuni grandi campioni del ciclismo del passato.

L’importanza della figura di Lino Beltramo sarà sottolineata dal giornalista Beppe Conti, che presenterà nell’occasione il suo libro “La grande storia del Ciclismo”, pubblicato recentemente per i tipi della Graphot Editrice. Il volume dedicato alla biografia di Lino Beltramo sarà invece illustrato dall’autore, Francesco Di Sario.

La mostra sarà visitabile sino alle 18 e presenterà alcuni pezzi rari, di grande interesse per i collezionisti e per gli appassionati di storia del ciclismo agonistico: si tratta di 25 biciclette realizzate nell’officina di Lino Beltramo, in via Michele Lessona a Torino, tra gli anni ’30 e gli anni ’60 del XX secolo. Saranno esposti una decina di modelli da corsa, otto bici da uomo da viaggio e sport, cinque da donna, due tandem e una bicicletta da pista.

LINO BELTRAMO, CORRIDORE, ARTIGIANO DELLA BICICLETTA E AMICO DEI CAMPIONI DEL PEDALE

Lino Beltramo nacque nel 1898 in provincia di Asti, ma presto la sua famiglia si spostò a Torino per motivi di lavoro. In giovane età lavorò come garzone in una bottega ciclistica e iniziò presto a pedalare. Già nel 1915 corse il Giro del Piemonte e, nello stesso anno, aprì una propria bottega ciclistica. Servì la patria nel primo conflitto mondiale e, finita la guerra, tornò a Torino, per riprendere la sua attività in borgo Vanchiglia. Dal 1922 trasferì la sua officina in via Lessona, nella sede che, nell’ambiente del ciclismo agonistico, divenne ben presto leggendaria. Negli anni ‘20 Beltramo consolidò una solida reputazione come costruttore, affinando sempre di più una tecnica di saldatura degli elementi del telaio diventata un segno distintivo della sua produzione. Negli anni ‘30 la Beltramo crebbe per dimensioni aziendali e volumi di produzione, impiegando diversi dipendenti, oltre al figlio Giovanni e alla moglie Margherita. Sin dagli inizi Beltramo collaborò con la società ciclistica Unione Sportiva Ausonia, a cui rimase sempre legato, Anche il figlio corse per un certo periodo con i colori della prestigiosa società torinese. Dagli anni ‘30 sino alla fine degli anni ‘50 quasi tutti i corridori torinesi più importanti utilizzarono le biciclette Beltramo e molti di loro militarono nelle fila dell'Ausonia. Allo scoppio della seconda guerra mondiale il rifiuto di aderire al partito fascista procurò a Beltramo non poche difficoltà nella sua attività commerciale. Nel 1943, all'avvento della Repubblica Sociale Italiana, il costruttore torinese si vide costretto a chiudere le officine di via Lessona. Grazie all'amicizia del commendator Piero Dusio, Beltramo trasferì la sua attività all'interno di un reparto della casa automobilistica Cisitalia. Alla fine del conflitto riaprì la sua officina, puntando ancora una volta sulle biciclette da corsa di altissima qualità, in quella che fu la stagione d'oro del ciclismo italiano, con l’eterna sfida tra Coppi e Bartali. Con la fine degli anni 50 l'attività di Lino Beltramo si ridimensionò sempre più, sino ad occuparlo sporadicamente. Ma il ricordo di questo vero e proprio maestro della bicicletta rimase vivo nell’ambiente agonistico, anche dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1968.