Biblioteca Storica

Lettere autografe

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Un interessante fondo di sei faldoni contiene centinaia di lettere autografe acquisite dalla Provincia di Torino (ora Città metropolitana) in momenti diversi, e pervenute tramite donazioni di privati o acquisti da antiquari. Gli estremi cronologici vanno dallo scritto più antico, una dichiarazione di devozione e benevolenza del duca Carlo Emanuele I di Savoia al cardinale Tosco, datata 6 gennaio 1613, a due fotografie di Ida Pellegrini (moglie del presidente Luigi Einaudi), risalenti al 1967-68.

Lettera autografa di Carlo Alberto

Il corpus più sostanzioso di lettere, però, è datato 1800. è riferibile infatti a personalità operanti nel diciannovesimo secolo, e appartenenti a vari ambiti: si tratta di politici, storici, letterati, scultori.

Fra i documenti riguardanti figure politiche troviamo 6 lettere del Cavour, una attribuita alla contessa di Castiglione e datata novembre 1869 in cui si descrive l'apprensione della corte per la grave malattia di Vittorio Emanuele II, e 3 lettere di Maria Vittoria di Savoia Aosta, l'ultima principessa Dal Pozzo della Cisterna moglie del primo duca d'Aosta, Amedeo, con il quale regnò sul trono di Spagna dal 1871 al 1873. Si conservano inoltre un autografo del re di maggio, Umberto II, su cornice silografata e stemma reale in blu, e un mazzo di 7 lettere del re Carlo Alberto di Savoia, indirizzate dal 1824 al 1829 al marchese di Clermont-Tonnerre.

Lettera autografa di Costanza Alfieri, moglie di Roberto Taparelli D'Azeglio

Difficile distinguere naturalmente, data la temperie storica e culturale dell'epoca, i letterati puri dai politici: infatti molti personaggi sono ascrivibili a entrambe le categorie. C'è ad esempio un fitto carteggio che coinvolge i vari membri della famiglia Taparelli D'Azeglio, quel Cesare cui Manzoni indirizzò la famosa Lettera sul Romanticismo, e i suoi due figli, il patriota, pittore e scrittore Massimo e Roberto, che fu il promotore della campagna di emancipazione delle minoranze religiose del Piemonte (ebrei e valdesi). Le lettere più interessanti sono però forse quelle della moglie di Roberto, Costanza Alfieri di Sostegno, sostenitrice di un'apertura in senso liberale della monarchia e animatrice di un salotto frequentato da diversi patrioti. In particolare le lettere indirizzate alla zia Luigia Aglae Due Giriodi contengono notizie di carattere famigliare ma anche politico, come le informazioni sulla ritirata delle truppe francesi dopo la battaglia di Waterloo (lettera del 7 luglio 1815).

Firma autografa di Silvio Pellico

Tra gli altri politici-letterati troviamo Vincenzo Gioberti, che il 18 febbraio 1848 scrive da Parigi all'abate Germano di Vercelli raccontando del suo soggiorno nella capitale francese, con cenni al clima di tensione politica. Censiamo inoltre quattro poesie manoscritte di Costantino Nigra, e un mazzetto di lettere di Silvio Pellico. In una di esse, indirizzata al curioso commerciante e commediografo Stanislao Marchisio, Pellico allega la tragedia Laodamia con preghiera di un giudizio critico, esprimendo riflessioni sulla propria poetica e i propri modelli: il teatro geco, Shakespeare e Alfieri. E ancora, poesie autografe di Norberto Rosa, alcune lettere del Brofferio, fra cui una (indirizzata forse a padre Bottari) nella quale l'autore descrive il proprio soggiorno a Venezia e la ricca vita culturale della città. Citiamo ancora due lettere di Edmondo De Amicis: quella diretta a Domenico Lanza contiene peculiari riflessioni sul teatro.

Particolarmente interessante un piccolo epistolario composto da 28 lettere di Pietro Giordani, l'intellettuale e scrittore piacentino amico di Giacomo Leopardi. Le letttere, datate dal 1837 al 1846, sono dirette al prete monregalese Giuseppe Baruffi, teologo, studioso di botanica e agronomia. Giordani insiste in parecchie di esse sull'allarme per l'oscurantismo politico-culturale dei gesuiti, la loro ingerenza nelle scuole, una loro temuta "invasione". In una lettera del 24 febbraio 1841 conduce varie riflessioni sulle critiche del Gioberti a Leopardi. Degli scultori Carlo Marocchetti e Leonardo Bistolfi segnaliamo descrizioni della propria opera (Marocchetti a Gian Battista Cossato, 11 agosto 1839) e riflessioni sul proprio lavoro e le fatiche connesse (Bistolfi a Domenico Lanza, 3 marzo 1903 e 16 agosto 1925).
Infine, un manoscritto di Gaudenzio Claretta con appunti di storia piemontese e 53 lettere dello storico Gioachino Grassi di Santa Cristina al fratello Michele, contenenti notizie di argomento famigliare e sulla corte, sugli avvenimenti bellici, su famiglie della nobiltà piemontese e sull'ambiente letterario del tempo.


Carteggio Don Bosco - barone Ricci Des Ferres

Le lettere di Don Bosco
Durata: 04' 03"

Nel fondo troviamo un fascicolo contenente 21 lettere di San Giovanni Bosco, più un biglietto, disseminate lungo un arco di tempo che va dal 1856 al 1888, e dirette al barone Feliciano Ricci des Ferres. Furono questi gli anni in cui si rafforzò l'amicizia del santo sociale piemontese con il barone, durata fino alla morte di don Bosco, il 31 gennaio 1888.

Dal carteggio emerge con evidenza il leit-motiv della continua richiesta di aiuti economici al nobile piemontese: dal denaro ai più svariati oggetti che potessero essere di utilità per gli oratori, le case salesiane, gli stabilimenti di lavoro e le altre opere di don Bosco.
In un lessico sobrio ed immediato le richieste del santo sono accompagnate da sincere espressioni di riconoscenza verso il barone, al quale il sacerdote sa trasmettere la sua profonda spiritualità e la sua preoccupazione per la salvezza eterna.

Nel biglietto del gennaio 1888, inedito, scritto con grafia tremante al termine di una vita spesa per aiutare i più deboli, leggiamo: "O Signor Barone, voi dovete assolutamente salvarvi l'anima, ma voi dovete dare ai poveri tutto il vostro superfluo quanto vi ha dato il Signore. Prego Dio che vi conceda questa grazia straordinaria. Spero che ci vedremo nella beata eternità. Pregate per la salvezza dell'anima mia".

Tra le lettere di maggior interesse va segnalata quella dell'11 ottobre 1883, relativa alle Missioni in Patagonia, dalla quale apprendiamo che "il Santo Padre ha diviso la Patagonia e le isole adiacenti in tre vicariati apostolici. Ne affidò tutta la cura ai Salesiani ma non un soldo". Vengono quindi richiesti al Ricci i mezzi per inviare trenta tra preti e catechisti, onde venire "in aiuto della nostra spedizione, che è pure venire in aiuto del Santo Padre e della propaganda fide che, a motivo dei tempi che traversiamo, non sono in grado di venirmi minimamente in soccorso".

Accanto alle lettere firmate da don Bosco, se ne conservano altre inviate al barone Ricci da sacerdoti stretti collaboratori del santo e prosecutori della sua missione: tra di essi don Federico Oreglia, il beato Filippo Rinaldi, don Paolo Albera e don Carlo Cays.


Versamento Cena

Lettera di Giovanni Cena

Il Versamento Cena è sostanzialmente costituito da un gruppo di lettere, appunti, biglietti, inviati dallo scrittore canavesano Giovanni Cena (1870-1917) al pittore parmense Antonio Maria Mucchi (1871-1945). Cena, che nel 1902 fu assunto, a Roma, come capo redattore della prestigiosa rivista Nuova antologia, spese quasi tutta la sua vita in un'importante opera di assistenza e promozione sociale delle popolazioni della campagna romana, organizzando fra l'altro la prima vera scuola dell'Agro Pontino. Di lui restano le poesie e soprattutto il romanzo sociale Gli ammonitori, pubblicato nel 1903. Di Antonio Maria Mucchi, che fu allievo di Giacomo Grosso e fu attivo a Torino fino al 1910, la Biblioteca storica conserva materiale specifico in un apposito Fondo.

 

 

Ultimo aggiornamento: 16 giugno 2020